La prima cosa che mi ha colpito quando ho iniziato
a praticare Aikido è stata la bizzarra "guardia" che questa
disciplina utilizza: posizione triangolare delle gambe, esposizione laterale
del corpo e mani all'altezza del tronco, con braccia e dita ben distese.
Provenendo da più di dieci anni di kung fu mi sembrava un suicidio. Inoltre lo
sguardo, sereno e profondo, non era mai diretto negli occhi dell"'avversario"
ma sembrava passargli attraverso
Solo nel tempo ho capito il senso di quella
posizione. Solo nel tempo ho cominciato a considerarla un comportamento
comunicativo e non una guardia.
Studi di psicologia sociale (Scheflen, Il Linguaggio
del Comportamento, 1977 Astrolabio, Roma pp.69-70) hanno determinato che nelle
conversazioni faccia a faccia è assai raro l'orientamento occhio a occhio.
Ciascuno fissa lo sguardo su un punto a metà tra la guancia e la spalla
dell'altro, appena fuori della portata oculare dell'altro. Quando la visione
centrale è focalizzata sull'area guancia spalla il resto della parte superiore
del corpo rimane entro la visione periferica. Ogni movimento che ha luogo fuori
di questo spazio focalizzato, verrà percepito nei campi visivi e stimolerà un
riflesso orientativo. La distanza focale del cristallino verrà allora modificata
per osservare la parte in movimento (la precisione dell'orientamento merita un
commento: in un pubblico di quaranta o cinquanta persone un oratore può puntare
la sua attenzione con una precisione sufficiente per isolare un solo
ascoltatore). Vale la pena fare una digressione sui meccanismi sensoriali della
vista
IL MECCANISMO DELLA VISIONE
La retina (ovvero la parte dell'occhio sensibile
alla luce) è composta da almeno tre zone o aree distinte: la fovea, la macula e
la zona dove si verifica la visione periferica. Ogni zona svolge funzioni
diverse che consentono di vedere in tre modi completamente differenti, ma che
normalmente non vengono avvertiti come
separati a causa del fondersi simultaneo delle tre visioni in un unico quadro
percettivo. La fovea è una piccolissima fossetta circolare al centro della
retina, che contiene circa 25.000 coni sensibili ai colori inseriti in una rete
fittissima, ciascuno con la sua fibra nervosa. La concentrazione delle cellule
foveali è incredibile: 160.000 per millimetro quadrato (la superficie di una
capocchia di spillo). La fovea permette la visione acutissima di un circoletto
dal diametro variabile di circa l/96 - 1/4 di pollice alla distanza di una
trentina di centimetri.
La fovea è circondata dalla macula: una superficie
gialla e ovale di cellule sensibili ai colori. Questa copre un angolo visuale di
3 gradi di apertura verticale e di 12-15 gradi di apertura orizzontale. La
visione maculare è nitida ma non chiara ed acuta come la foveale, perché le
cellule sono meno fitte.
La macula è la parte della retina di cui l'uomo si
serve, tra le altre cose, per leggere. Quando si afferra un movimento con la “coda
dell'occhio” entra in gioco la visione periferica. Allontanandosi dalla parte
centrale della retina, le caratteristiche e la qualità della visione cambiano radicalmente:
la capacità di distinguere i colori (e di esserne distratti aggiungerei)
diminuisce, perché i coni, demandati a questa funzione, si fanno più radi; la
visione nitida e minuta si trasforma in grossolana nella quale tuttavia è
accentuata la percezione del movimento. Duecento e più bastoncelli sono
collegati ad un solo neurone: ciò ha l'effetto di amplificare la percezione del
moto e di ridurre la qualità dei dettagli. La visione periferica è compresa in
un angolo di circa 90 gradi, da una parte e dall'altra di una linea ipotetica
tracciata al centro del cranio.
Ma, vi starete chiedendo probabilmente, cosa
c’entra tutto questo con l’ Aiki?
Questa digressione sul meccanismo della visione può
esserci utile per capire meglio l'idea di "guardare attraverso"
l'altro, mantenendo un'attenzione costante sull'ambiente circostante. In
effetti si tratta di evitare di concentrare la visione foveale in un
particolare punto, ampliando al massimo l'utilizzo della visione periferica.
Non è tuttavia possibile, né sarebbe utile,
eliminare la visione foveale. Ciò comporta il grave rischio di venir
"catturati" o distratti da un particolare che, specializzando la
nostra attenzione, ci inibirebbe nell'attività di attenzione costante sull'ambiente
circostante.
Per comprendere come si può evitare tale rischio
dobbiamo addentrarci di un altro passo all'interno dei meccanismi della
visione.
VISIONE STEREOSCOPICA E "MA"
Il senso della distanza e dello spazio è dovuto al
fatto che l'uomo ha una visione stereoscopica, o almeno questo è quanto
comunemente si pensa. In realtà i monocoli possono vedere perfettamente in
profondità e la loro peggiore menomazione è la mutilazione della visione
periferica dalla parte dell'occhio cieco.
Gibson nel suo libro "The Perception of the
Visual World" ha aperto una nuova prospettiva, superando l'opinione
tradizionale che vuole la visione stereoscopica come la causa della percezione della
profondità (prodotta dalla sovrapposizione dei due campi visivi). La tesi di
Gibson e piuttosto complessa, egli individua sperimentalmente infatti ben
tredici sistemi di percezione della profondità, ed è per questo che senza
indugiare oltre rimandiamo il lettore all'opera originale (tra l'altro anche in
appendice ne "La dimensione nascosta" di E.T.Hall). Basti sapere, per
ora, che tale tesi è supportata da ampi ed esaurienti studi della psicologia
transazionale che dimostrano come il senso visivo della distanza travalica
nettamente le leggi della prospettiva lineare.
Gran parte dell'arte di quest'ultimo secolo è in
diretta polemica con la prospettiva lineare del Rinascimento e tenta di
esprimere le numerose e diverse forme di prospettiva. Tuttavia la prospettiva
lineare è, in occidente, ancora alla base dell'arte più popolare.
I pittori cinesi e giapponesi rappresentano la
profondità in modo completamente diverso: l’arte orientale fa variare progressivamente
il punto di vista, mantenendo la scena costante, mentre gran parte dell'arte occidentale
usa il processo esattamente opposto.
Il problema trascende il campo artistico, anche se
si riflette in esso: è lo spazio ad essere percepito in modo radicalmente diverso.
In occidente si percepiscono gli oggetti, ma non gli spazi che li comprendono;
in Giappone, invece, gli spazi sono percepiti, dominati e venerati come il MA,
o intervallo intercorrente.
La prospettiva lineare del Rinascimento, prendiamo
ad esempio la pittura, mantiene lo spazio statico ed organizza i suoi elementi
in modo che tutto l'insieme possa essere visto da un solo punto.
Questo, in sostanza, significa trattare lo spazio
tridimensionale in modo bidimensionale.
La coscienza dello spazio come intervallo
intercorrente, del MA, ci permette di considerarlo come oggetto osservabile
esso stesso. La visione foveale può, dunque, diluirsi nell'osservazione chiara
del ma e omote e ura diventano dimensioni prospettiche della stessa cosa, modi
di usare lo spazio che è intorno ad un individuo e tra questi e noi.
Le persone in un rapporto "faccia a
faccia" non si guardano negli occhi salvo che in un confronto aggressivo
diretto o in uno scambio di corteggiamento. Nessuna delle due situazioni si
adatta, evidentemente, a ciò che dovrebbe accadere in un dojo di Aikido.
Paolo Narciso
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